Presentazione oggi a Milano da InKitchen, curata da Selecta che lo distribuisce, del manzo giapponese wagyu, apprezzatissimo dai gourmet di mezzo mondo, ma ancora poco frequentato dai palati italiani. Un “Impero dei sensi” versione gastronomica.
E già, perchè come il celebre film di Oshima degli anni ’70 provoca dipendenza, non sessuale, ma sicuramente “sensuale”.
Approfittando della vetrina internazionale di Expo 2015, il Ministero dell’Agricoltura, delle Foreste e della Pesca Giapponese ha lanciato una sfida agli chef meneghini, che per una settimana, dal 19 al 25 settembre avranno in menù un piatto di loro creazione a base della straordinaria carne nipponica. Carlo Cracco, Eros Picco e Tommaso Arrigoni di Innocenti Evasioni, Andrea Aprea di Mio, Domenico Lomeo de Davide Casati di Orti di Leonardo, Shozo Kato di Tomoyoshi Endo si sfideranno nella preparazione più succulenta.

Controllato dalla nascita al piatto, schedato con l’impronta del naso, trattato come il cucciolo di casa (ogni vitello ha un nome, viene allattato manualmente dai contadini, coperto con un “cappottino” nei mesi rigidi), ingrassato fino a 700 chili lentamente ad erba e pianticelle di riso, il vero wagyu, prima di diventare bistecca è catalogato in base alla finezza della marmorizzazione del grasso (da 1 a 12) e alla qualità (la migliore è A5).

Il risultato è una carne finemente marezzata, tanto che da lontano sembra di un colore rosa delicato, così tenera che si taglia con una forchetta, che si scioglie in bocca sprigionando un aroma dolce e lievemente fruttato, sottile ma molto persistente in bocca, soave.
Non ha bisogno quasi di nulla, solo di una leggerissima cottura. Un’esperienza gustativa diversa da qualunque altra carne.
Ma, si sa, il Giappone è un paese che non smette mai di sorprendere.
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