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LUIGI TAGLIENTI, LO STILE TRUSSARDI NELL’ALTA GASTRONOMIA

Luigi Taglienti

A seguire, la mia intervista con lo chef Luigi Taglienti realizzata per Man in Town. Food & Fashion  sempre più cool!

L’eleganza è la cifra stilistica di Luigi Taglienti. Considerazione ovvia forse, quando si parla dell’executive chef di un ristorante a insegna Trussardi alla Scala, denominazione che unisce una delle più raffinate griffes del fashion e uno dei massimi templi della lirica.
Certo, quando Luigi nel 2012 è approdato qui non era poi così scontato che ci fosse una tale sintonia.  Di sicuro le premesse erano interessanti e le basi di crescita di questo chef decisamente “classiche”: Italia e Francia, la prima rappresentata da Ezio Santin patron de l’Osteria del Ponte e Carlo Cracco, la seconda da Christian Willer e Christian Sinicropi de La Palm d’Or di Cannes.  Una formazione così storicamente radicata che se gli si chiede che cosa apprezzi di Santin dice «la sua cucina è senza tempo, sempre attuale», e quando si vuole sapere che cosa intenda lui per cucina “classica” risponde senza esitare «Escoffier».Taglienti 2
Sorprendente per un giovane che in breve ha scalato le classifiche, guadagnandosi a trent’anni, oltre alla stella Michelin, anche il titolo di Giovane Chef dell’Anno 2009 da L’Espresso.
E sorprendente che questo mood riscontrabile nel mondo Trussardi – fatto di classicità, eleganza, aplomb – appartenga anche a lui così naturalmente. «La mia idea di cucina» – spiega – «è di ricodificare la tradizione, partire da un’approfondita conoscenza delle basi tradizionali e riedificarle attraverso le moderne tecnologie. Questo per me è fare cucina di avanguardia. I francesi sono tecnica e metodo, noi italiani invece siamo sensibilità ed istinto: siamo immersi in un vissuto di grandi prodotti e “respiriamo” fin da piccoli le ricette regionali. A casa mia, ad esempio, la nonna e la mamma cucinavano bene, quindi io sono partito dalla mia base ligure di profumi e sapori».
Derivano da qui la passione e la ricerca meticolosa dei prodotti – quelli “rari” –  come l’asparago violetto di casa difficile da trovare, o il cavolo campano, imprescindibile per rielaborare la minestra “maritata”. Il suo ripensamento delle origini si muove dai piatti tradizionali, che conosce profondamente e che fa evolvere. «L’istinto mi fa vedere come potrebbe essere l’innovazione» – dice – « e le conoscenze tecniche mi consentono di realizzare esattamente la mia idea. Ma se al secondo tentativo il risultato non mi soddisfa, significa che bisogna rinunciare».
Concretezza e solidità, insieme a una mente brillante e creativa hanno prodotto realizzazioni che già si possono considerare signature dishes. bianco e nero dis eppiaCome il bianco e nero di seppia, piatto dai colori assoluti in cui la seppia in una morbida consistenza data dalla cottura a bassa temperatura è servita con una panna cotta di ricci che danno la salinità, spaghetti soffiati e una riduzione di agrumi. «Il mio prodotto preferito è il limone» – svela Taglienti – «perché l’acidità è il gusto più rischioso e stimolante, difficile da interpretare, ma che, se ben utilizzato, producendo la salivazione accelera la percezione del sapore estremizzandolo in modo elegante». Concentrazione di colore dunque,  e concentrazione di gusto, per un piatto intellettualmente complesso. Accanto a creazioni che partono dalla riflessione sui prodotti, altre traggono spunto dalle ricette tradizionali, come l’ossobuco, il peperone in bagna cauda, il risotto alla milanese con “lacrima” di midollo alla brace e il musetto di vitello allo spumante, dove collosità e dolcezza sono in equilibrio con la freschezza del sorbetto al cetriolo, lo iodio dello sgombro, l’intensità del tartufo nero.Musetto di vitello Luigi cerca sempre il contrasto e l’armonia, ossimoro che si ricompone nella riconoscibilità dei componenti, anche quando stupisce, in caviar banana split, dove la crema di banana è accostata alla panna acida, che tradizionalmente “chiama” il caviale. Talvolta la ricomposizione è anche cromatica, come nell’infuso di ibisco, su insalata di pompelmo rosa al dragoncello e sorbetto di rapa rossa, un tripudio di sfumature vermiglie.
E allora è evidente che una cena diviene una vera esperienza che coinvolge tutti i cinque sensi. Anche questo accomuna Taglienti a Trussardi: trussardi alla scala«Trussardi» – dice lo chef –  «è un mondo molto ampio, fatto di fashion, arte, design, infiniti spunti su cui posso riflettere e trovare affinità». E i suoi piatti risultano frutto di stati d’animo e di intuizioni in ambienti – il ristorante e il lounge bar – di pacata eleganza, di colori caldi del cuoio e del legno, di arredi raffinati e di un gusto classico senza tempo.

1 Comment

  1. fitflop outlet Reply
    giugno 20, 2019 at 20:03

    LUIGI TAGLIENTI, LO STILE TRUSSARDI NELL’ALTA GASTRONOMIA – Enogastronomia
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