IL RUGGITO DEL GIOVANE LEONE DI SINGAPORE A IDENTITA’ GOLOSE

”Gastromixologia” non è un termine medico, ma un nuovo modo di interpretare  l’abbinamento di cibo e bevanda. Non si tratta della vecchia, nobile arte del somellier che ti propone il vino giusto col piatto che tradizionalmente lo esalta, ma di qualcosa di completamente diverso, nato e evolutosi con Ryan Clift, giovane leone inglese della ristorazione internazionale che a Singapore, la Città-Stato del Leone, nel suo stellato Tippling Club, segue una strada molto personale.

Un po’ rock, assai hipster, il giovane Ryan, classe 1977, è cresciuto alla scuola di grandi nomi, come Marco-Pierre White e Peter Gordon, e poi è andato in Australia a “sciacquare i panni” agli antipodi. Soprattutto la sua visione della cucina è da “antipodi”, ma preservando un principio base del suo maestro australiano Ray Capaldi: il “tradern”, mix di tradition e modern.

E’ approdato a Identità Golose per una lezione che spiegasse la sua concezione di una cucina tradern a cui abbinare non vino bensì cocktails. Ma quali? Me lo ha spiegato in una breve chiacchierata. “Sono di cultura anglosassone, quindi “spirits e tumbler”. Ma i drink che abbino ai miei piatti non sono i classici cocktail mondiali, bensì qualcosa di totalmente creativo che sia esattamente l’estensione del piatto a cui è associato”. Quindi niente vino? “Non proprio. In realtà mi piace e ho una cantina selezionata, soprattutto con prodotti biodinamici. Amo i vini molto caratterizzati, e fra quelli italiani prediligo i bianchi dell’Etna, con la loro spiccata mineralità e alcuni rossi affinati in anfore di terracotta che trovo molto interessanti. Il vino, però, per quanto un nobile prodotto, è qualcosa di fatto da altri, con un palato diverso da quello dello chef che crea il piatto. La mia visione, invece, è di completa fusione  fra ciò che si mangia e ciò che si beve. Per questo il Tippling (termine che in gergo significa “cosa veloce da bere”) non ha tavoli, ma solo un unico lungo bancone intorno al quale siedono i clienti. Io lavoro dall’altra parte del bancone, a stretto contatto con i miei bartender”. E quello che metti nel piatto? “I miei piatti partono sempre da un solo ingrediente. E’ il prodotto che deve parlare, attraverso il suo profumo, il suo sapore, la sua qualità. Singapore è il posto ideale dove lavorare, perché qui arrivano i migliori prodotti alimentari da tutto il mondo. Mi è capitato ad esempio di trovare in questo mercato prodotti australiani, come un tipo di aragosta, che, quando vivevo in Australia, non avevo mai visto”. E allora vediamoli, i gastromix, questa totale compenetrazione fra cibo e bevanda.

Il primo, Oyster, Parsley e Chamagne  è un piatto di grande freschezza, che su una base acida di mela verde e succo di mela, propone un’ostrica “annegata” in uno Champagne che è stato frullato con prezzemolo e poi rigasato, e completata con erbe aromatiche fresche che danno la nota minerale. Ad accompagnarlo Nikko Spring (dedicato alla meravigliosa città giapponese e alle sue sorgenti), una bevanda a base di yuzu, un profumato agrume, sake e foglie di shiso, pianta aromatica che ricorda il cardamomo.

Di necessità virtù Ryan, scoprendosi intollerante al glutine, ha creato alcuni piatti adatti alle sue esigenze. Come gli gnocchi di carote, fatti esclusivamente da una puré di carota, cotta in acqua di carote centrifugate, servita su di una base di zuppa di carote, e finita con carotine (sapore su sapore più di così!) e fiori di zenzero saltati. Ad accompagnarla una tequila, ridistillata a bassa temperatura insieme ai fiori di zenzero, mixata con succo d’ananas, Aperol e ghiaccio e un po’ di tapioca in fondo (per imitare le bollicine): un’esplosione di profumi caldi e morbidi di fiori e frutta tropicale.

Ecco dunque che cosa aspettarci da questo ragazzo di aspetto un po’ hard: gentilezza e rispetto. Per gli ingredienti, per i profumi e la loro capacità di fondersi, per i suoi clienti per i quali si “esibisce” tutte le sere, davanti a loro, in  prima persona.