E’ tempo di mare e di conseguenza di frutti di mare.
A seguito un mio reportage, pubblicato su “Partiamo” che soddisfa entrambe queste voglie….
Oualidia non è nota come Agadir o Essaouira. E’ una piccola località di pescatori sulla costa atlantica a un paio d’ore di macchina a sud-ovest di Casablanca. Qui le grandi catene alberghiere internazionali non sono arrivate e questa è la premessa per una vacanza di mare all’insegna dell’autenticità locale
Andare in Marocco è ogni volta sorprendente, perché regolarmente il luogo visitato supera le aspettative. Questo non vuol dire che proprio tutto sia straordinario, ma semplicemente che quello che ragionevolmente ci si attende di trovare effettivamente c’è, ma con una sottolineatura, come se qualcuno avesse passato l’evidenziatore fosforescente, quasi che alcune caratteristiche di questo paese fossero esagerate naturalmente. Alcuni esempi? I profumi di spezie di Marrakesh nella mellah, la zona ebraica, pervadono così profondamente che si possono evocare a distanza di tempo, così intensi da essere materici.
La regalità di Fes vista da una terrazza si percepisce alla prima occhiata, anche se non si sa leggere in arabo il motto “Dio, Patria, Re” dipinto un po’ ovunque. La magìa della neve alta sulle montagne di Ifrane cittadina a 1.650 mt il cui nome in lingua berbera significa “zona arida e fredda”, tranquilla e ordinata come una svizzera berbera, in mezzo ad una foresta di lecci e cedri abitata dalle scimmie.
Oualidia non fa eccezione. L’evidenziatore anche qui sottolinea le sue caratteristiche, comuni a tante altre località di mare, ma singolari per intensità.
GIOCHI DI TERRA E MARE
Si arriva dai principali aeroporti italiani atterrando a Casablanca e percorrendo in auto o in autobus di linea la costa atlantica (175 km, circa due ore e mezza), da nord a sud. E’ bella e selvaggia con le onde lunghissime e poderose che sembrano voler ingoiarsi la strada costiera. Si alternano spiagge sabbiose che con il vento vanno a formare grandi dune, quasi a ricordare che siamo in uno dei paesi sahariani e affioramenti di roccia che formano alte falesie stratificate. Unico segno umano, a parte qualche pastore di pecore su un asinello lungo la strada, sono le vaste saline sul mare e le serre verso l’interno dove si coltiva ogni sorta di ortaggi fra cui un particolare tipo di cipolla locale a cui il salso da un sapore molto apprezzato.
A Oualidia si giunge dall’alto perché il paese si sviluppa su di un contrafforte roccioso affacciato sulla costa, dove l’oceano penetra nella terra a formare la laguna. E da qui inizia l’incanto del soggiornare in questa piccola località. La spiaggia di Oualidia costeggia la laguna, aperta sull’oceano a nord e a sud attraverso due bocche rocciose. 11 km di lunghezza per circa 600 mt di larghezza sono una dimensione considerevole. Un’alta lingua di roccia chiude l’orizzonte sul mare, che anche dove non si vede si intuisce in qualche sbuffo di spuma. All’interno lo specchio d’acqua increspato dal vento e dalla corrente, piuttosto forte, gioca una continua alternanza con la sabbia, che appare e scompare con le maree ogni sei ore, ondulata e scolpita dalla corrente. Il colore alla mattina presto e al tramonto è di un rosa acceso, quasi salmone, con il sole alto invece la sabbia è di un giallo oro abbagliante. Un paesaggio di sicura suggestione per gli spiriti contemplativi, ma altrettanto stimolante per gli amanti degli sport adrenalinici che qui trovano le condizioni ideali per il surf, o windsurf, o kite surf sull’oceano (Dream Surf Oualidia, scuola di surf e kitesurf a 250 Dh, noleggio attrezzatura, organizzazione battute di pesca in barca e trekking. Aperta tutto l’anno. Tel 0661 817817. Surfland scuola di surf e kitesurf a 250 Dh aperta da aprile a metà novembre. Tel. 0523 366110).
Per chi ama camminare, la scoperta degli angoli remoti e la fotografia, il bird-watching offre comunque emozioni. Oualidia si trova nel centro di uno dei più ricchi habitat per le avifaune marocchine e la laguna è una importante zona di riposo per gli uccelli migratori sia in primavera sia in autunno. A seconda del periodo e con un po’ di pazienti appostamenti si possono osservare fenicotteri rosa, trampolieri, cicogne, sterne, garzette, upupe e molti altri uccelli. Un passaggio a volo radente sull’acqua è emozionante come osservare una pattuglia acrobatica naturale. Sulla costa inoltre è possibile anche fare un po’ di trekking sui sentieri che regalano paesaggi indimenticabili e spunti fotografici interessanti (Plancoet Canoe-Kayak è un’agenzia che da marzo a ottobre propone uscite in canoa e kayak sulla laguna, per praticare il birdwatching a 80 – 100 Dh all’ora. Tel 0662 2511934).
La laguna è la vera fonte di ricchezza di quest’area non solo dal punto di vista turistico. E’ infatti conosciutissima per l’allevamento delle ostriche giapponesi o del Pacifico (Crassostrea gigas Thunberg), iniziato nel 1957. Oggi la produzione arriva a 200 tonnellate all’anno, in gran parte per consumo locale. Una serie di cartelli, che spuntano qua e là nell’acqua nella zona più profonda, contrassegna le aree di crescita di questo rinomato bivalve, divenuto il simbolo della cittadina, più ancora del ritratto del Re o del minareto della moschea.
VACANZE ALLA MAROCCHINA
Pochi gli europei, pochi persino i francesi che dai tempi in cui il Marocco era un loro protettorato hanno sempre considerato queste parti come un pezzo di casa con nuove opportunità di business. Solo marocchini in vacanza sulla lunga spiaggia che da sola vale il soggiorno.
Oualidia è infatti una delle principali mete balneari dei marocchini del nord che coniugano cultura araba, origini berbere e desideri di europeizzazione magari un po’ celati agli occhi di Allah e che quindi le vacanze le fanno eccome: gente di città , di Casablanca, Rabat, Marrakech. Le strutture ricettive ci sono, perché la cittadina d’estate passa da 10.000 a 30.000 abitanti, ma di concezione ben diversa da quelle studiate per una clientela europea. Qui le catene alberghiere non ci sono e l’ospitalità è gestita dalle famiglie locali, sia negli hotel, sia nei riad, le tipiche case marocchine con il cortile centrale, trasformate in bed & breakfast. Molte le case da affittare in pole position vista oceano (per affittare un appartamento: www.oualidia.net. I costi partono da 300 Dh a notte per i monolocali, ma l’offerta comprende anche splendide ville con giardino e piscina a sfioro affacciate sull’oceano e personale di servizio). C’è un’aria di semplicità ed essenzialità, una sorta di confort di base, ma pur sempre confort. Un esempio per tutti: non c’è pericolo di soffrire il caldo anche nei mesi estivi, in primis perchè “la clime”, il condizionatore, è un lusso che volentieri i marocchini sfoggiano, e poi perché le brezze di mare serali sull’Atlantico sono una cosa seria (qui la famosa corrente del golfo non lambisce) e le coperte di lana pesante che sempre si trovano ai piedi del letto hanno un loro perché.
VITA DA SPIAGGIA
Due passi sulla lingua di sabbia finissima che abbraccia la laguna consentono di vedere la vita dei marocchini in vacanza. Famiglie intere azzardano un bagno. Un’attività piuttosto impegnativa, dato che l’acqua, anche quella interna, è decisamente freddissima anche d’estate e perché le donne mussulmane si avventurano coraggiosamente in performance natatorie impedite da un abbigliamento piuttosto ingombrante, compreso di hijab (velo islamico). Uno spettacolo piuttosto curioso per gli occidentali, abituati ai bikini e se non è necessario rinunciarvi quando si prende il sole, è comunque consigliabile, per rispetto alle tradizioni del paese ospitante, passeggiare indossando qualcosa, un pareo o calzoncini e maglietta. Si tratta comunque di un paese mussulmano molto tollerante ed aperto all’occidente, quindi nessuno si scandalizza. Anzi qui le persone chiacchierano volentieri e l’atteggiamento è di rilassata cordialità. Capita di incontrare un target di turismo fatto di professionisti delle grandi città del Marocco, che qui hanno la villetta al mare che utilizzano per i week end, per sfuggire allo stress e all’inquinamento della vita cittadina. Una versione locale dei nostri frequentatori di Santa Margherita o Fregene. A Oualidia però la spiaggia è libera, niente bagnini, nessun lettino conteso in prima fila. Un’atmosfera di maggiore naturalezza e la mancanza di strutture fisse non preclude il fatto di poter usufruire di alcuni servizi improvvisati dall’intraprendenza di questa gente, che altrove potrebbero essere considerati vero lusso. Si aggirano per la spiaggia, ad esempio, uomini con una cesta. Niente bombolone o cocco fresco, ma per pochi Dirham, la moneta locale, si possono avere a volontà ricci di mare appena pescati. Ci si può anche accordare con uno di questi pescatori: chi ama le crudités, può scegliere ricci e ostriche vivi, chi vuole il pesce cotto si vedrà arrivare un piccolo barbecue su cui verranno arrostite “a vista” sardine scaricate di prima mattina dalle barche da pesca, che riposano adagiate sulla rena. Si può fissare, oltre che il menù, anche l’ora: l’intraprendenza sarà marocchina, ma la puntualità svizzera. E su richiesta si potranno avere le squisite olive marinate e il pane, tondo, tiepido e fragrante, appena uscito dal locale forno a legna. I frutti di mare sono così dolci da sembrare di un’altra specie e tutto il pesce, cotto senza condimenti e senza sale, ha il sapore naturale dato dall’acqua dell’oceano. Per cifre che si aggirano intorno agli 80 – 100 Dh a seconda dell’appetito, si mangia a sazietà.
Per chi invece preferisce un pranzo vero e proprio, seduto a tavola e non sulla sabbia, la scelta è ampia: granseole (araignée), aragoste, astici, gamberi, orate, rombi, triglie, sardine, che una cinquantina di pescatori locali portano, rischiando a volte la pelle su piccole barche da pesca, vengono serviti in graziosi ristoranti lungo la spiaggia, come Le Kalypso, che offre sia colazioni con eccellenti brownies, sia pranzi e cene di pesce a circa 150 Dh vini esclusi (Tel 0523 366091).
FASTI PASSATI E IL FUTURO INCH’ ALLAH
Oualidia non è solo mare e spiaggia. L’origine è del 17° secolo, quando venne fondata dal sultano saadiano El Oualid che ne fece una città portuale. L’importanza era strategica perché faceva da contrappunto a El Jadida, 78 km più a nord, tenuta dai portoghesi. La posizione e la conformazione geografica infatti la rendevano, secondo quanto documentato nel 1875 da un geografo francese, “il porto più sicuro dell’intera costa marocchina, se dragato”. Ancora oggi, nella parte alta della città, si vedono i resti della kasbah risalenti al 1634.
Dell’inizio del ‘900 invece è la villa affacciata sulla laguna, tristemente abbandonata, di Mohammed V, ultimo sultano e primo re del Marocco, padre dell’indipendenza nazionale e liberatore dai vincoli del protettorato francese. Qui il sovrano, nonno dell’attuale Re Mohammed VI, fino alla metà del secolo scorso riuniva la famiglia, mostrandosi non solo lungimirante politico, ma anche uomo democratico, che faceva il bagno sulla spiaggia insieme ai suoi sudditi e consentiva il bikini alle figlie (i più vecchi ancora se lo ricordano). Oltre quarant’anni di abbandono hanno ammantato questa residenza destinata a gioiose feste famigliari di malinconia: grandi stanze deserte, colonne di marmo, mosaici, una grande piscina e un ascensore sontuoso, tutto irrimediabilmente danneggiato e ingrigito dalla polvere. Si può visitare, dando una mancia ai molti che si offrono come guida turistica, ma solo i più coscienziosi saranno muniti di patentino di guida ufficiale.
Se le vestigia si visitano camminando, ce n’è una che vale una gita in barca di mezza giornata. Trovare il mezzo di trasporto non è un problema, molte barche di legno colorate sono a disposizione lungo la battigia per una cifra più che ragionevole e comunque contrattabile, secondo l’uso locale che si aggira sui 100 Dh all’ora. Si percorre la laguna per la sua lunghezza e si arriva, sulla stretta lingua che separa dall’oceano, al Marabout di Sidi Daoud, un santo venerato a mille chilometri di distanza da qui. Specialità della casa: guarire i bambini e liberare le giovinette dall’onta dello zitellaggio.
La tomba si staglia bianchissima sul cielo turchese sorvegliata da un gruppo di donne in djellaba dai mille colori. Da edifici squadrati bianchi e azzurri tutt’intorno escono bimbi e bimbe saltellanti e insieme alle madri si recano ad una grotta sul mare (sono diverse quelle che le guide locali fanno visitare), portando chi un indumento, chi una ciocca di capelli delle ragazze in visione al Santo che “Inch’ Allah” le farà sposare in men che non si dica (i single incalliti sono avvertiti).
GITE FUORI PORTA
Dopo tanto stanziale relax la curiosità di vedere può suggerire una gita. In giornata a 78 km a nord si raggiunge El Jadida, dove gli appassionati di golf possono sbizzarrirsi su diversi campi. Imponenti complessi turistici con campi da golf, infatti, sono stati recentemente costruiti lungo il litorale nord, un’ampia spiaggia atlantica da sempre affollata d’estate, prima dai coloni francesi, poi dai marocchini. Ma il fascino della cittadina non sta solo sui green.
La medina, l’antica Mazagan o Mazagao risalente al sedicesimo secolo e dal 2004 Patrimonio dell’Umanità UNESCO, più che il cuore di una città moresca mantiene l’aspetto della cittadella fortificata dai portoghesi, che dal 1502 la colonizzarono e ne fecero un presidio cintato da mura inespugnabili e uno scalo sicuro per le loro navi dirette alle colonie in Africa e India. Venne poi in parte distrutta nel 1769 durante un breve assedio da parte del sultano Sidi Mohammed ben Abdallah, quando i difensori portoghesi stessi fecero saltare gran parte dei bastioni prima di abbandonarla al suo destino. Oggi ricostruite, le massicce mura di pietra color ocra affondano direttamente in mare e da esse si gode una vista mozzafiato, quasi vertiginosa sul porto e sull’oceano. La Citè Portugaise all’interno delle mura è piccolina e fascinosa. D’obbligo una visita in rue Mohammed Ahchemi Bahbai alla cisterna portoghese, del 1541, per la raccolta dell’acqua piovana (Ingresso10 Dh. Orario 9-13 / 15-18,30). Le sue venticinque colonne sostengono le volte e quel pelo d’acqua a terra rifrange e moltiplica i particolari architettonici in un’atmosfera sospesa dove i suoni si amplificano. La luce entra dall’alto rompendo l’oscurità e contribuendo a creare una suggestione palpabile. La sentì anche Orson Welles, che nel 1952 qui girò la scena della rivolta del suo Otello. Si deve la possibilità di visitare questo gioiello che dopo la partenza dei portoghesi era stato abbandonato e dimenticato fra le macerie della distruzione, all’intraprendenza di un droghiere che nel 1916, per allargare la bottega, buttò giù un muro adiacente alla cisterna e si ritrovò allagato. Il disgraziato ci mise tre mesi di lavoro con una pompa manuale per rimediare al danno, ma questo bellissimo luogo tornò all’attenzione del mondo.
Per onorare la fama del Marocco di paese di grande artigianato si possono percorrere i 66 km verso sud che separano Oualidia da Safi, la città costiera capitale della ceramica. Già conosciuta in epoca fenicia, venne fondata nel XII secolo dai sultani almohadi. Anche qui, in ogni caso, non manca la firma dei portoghesi: la fortezza Qasr al-Bahr del 1508 che proteggeva il souq e il porto dalle minacce dal mare (ingresso 10 Dh, orario 8,30-12 / 14,30-18). E’ il luogo ideale per godere di magnifici scorci sulla medina e sull’oceano, che qui regala le onde più belle del mondo, a detta dei locali e degli organizzatore del Billabong Challenge, il circuito mondiale del surf.
Ma contrariamente all’uso delle città arabe, non è questa la zona dove fare shopping, bensì il quartiere di Bab-Chaaba, fuori dalla medina, la Colline des Potiers, intricato dedalo di 140 laboratori di ceramisti, in cui i vecchi forni in mattoni spuntano ovunque come funghi roventi nell’aria satura di odori, anche sui tetti delle case. Praticamente ad ogni porta si può entrare ed assistere ad una dimostrazione della lavorazione della ceramica, fatta secondo tecnica tradizionale, che prevede la preparazione dell’argilla, la creazione della forma al tornio, l’asciugatura, la prima cottura, la decorazione, la smaltatura e la seconda cottura. Chiaramente ci si aspetta che il pubblico acquisti qualcosa o per lo meno lasci una mancia. Ne vale la pena, perché la tecnica è interessante e i bei manufatti dai colori vivaci offrono un’ampissima gamma di oggettistica, dai servizi di piatti ai vasi da fiori alle tazze da colazione, a prezzi molto onesti. Esistono botteghe specializzati in oggetti come i vasi e i tajine e altre specializzate in piastrelle. Per farsi un’idea generale di questo artigianato si può visitare la Kechla, un’antica kasbah almohadiana, usata come struttura difensiva dai portoghesi e oggi ristrutturata e sede del Musée National de Céramique (ingresso 10 Dh. Orario 8,30-10 da mercoledì a lunedì) che offre un’esaustiva esposizione di ceramiche di Fès, Meknès, Safi e di opere di artisti contemporanei.
Ma la cosa più memorabile qui non si vede, si apprende. A Safi (come a Tangeri) gli ebrei non vennero mai confinati in una mellah (versione marocchina dell’universalmente noto ghetto), ma è addirittura esistito un’incredibile sincretismo religioso che ha espresso un culto misto giudeo-mussulmano. Risale al filosofo e poeta del quindicesimo secolo Abraham ben Zmirou, fuggito a Safi dalle persecuzioni dell’inquisizione spagnola e profondo conoscitore della cultura araba che viene venerato come santo dai fedeli di entrambe le religioni. Un bell’esempio spendibile in tempi più recenti. Peccato non lo conosca quasi nessuno.
NON SE NE PUO’ FARE A MENO
Nei souq delle piccole città, come Oualidia, Safi ed El-Jadida si può trovare artigianato di buona qualità a prezzi veramente concorrenziali (anche per quelli marocchini). E i manufatti in Marocco non sono solo un doveroso souvenir di viaggio, ma qualcosa di oggettivamente bello e utile. Le famose babbucce marocchine sono sempre fatte a mano, di cuoio, tessuto, paglia. Le fogge e i colori sono tantissimi, ma quelle classiche per gli uomini (capofamiglia) sono gialle. I grandi teli di sabra la seta vegetale di agave (rayon) hanno mille sfumature di colore, che si abbinano a qualsiasi tipo di arredamento. Gli oggetti per la casa in tadelakt dai bellissimi colori pastello coprono tutta la range degli usi domestici. Lampade e lampioncini d’ottone creano un’atmosfera particolare sia in casa sia in giardino. Borse e stivali in kilim e cuoio, usati dai berberi di montagna, hanno il sapore retro del viaggio un po’ avventuroso. Le spezie per la carne, per il pollo, per il pesce hanno il potere di rievocare il viaggio: sia che si usino in cucina, sia semplicemente annusandole. Concedersi alle mani esperte di una donna berbera che decora le estremità con i disegni all’henné è un modo di immergersi in questa cultura affascinante, per il tempo che dura il colore.
LAGUNA INSOLITA
La marea sei ore cala e sei ore cresce con un dislivello fino a 5 metri. E al centro della laguna compaiono chiazze verdi di erbe marine che attirano… le mucche. Non è fantasia popolare, le bovine fanno veramente anche loro una nuotata fino a questi pascoli caduchi per farsi “un’insalata di mare”. E quando l’acqua sale e mette fine allo spuntino tornano a terra.
Nel frattempo arriva un drappello di colorate massaie locali con panni sporchi e mastelli di plastica: con la bassa marea zampillano polle di acqua dolce fra le rocce: allora le donne usano la forte risacca come centrifuga da lavatrice per fare il bucato e poi lo risciacquano nell’acqua dolce. Tecnologia domestica alla marocchina.
Altra chicca della sopraffina arte di arrangiarsi marocchina. Il pescatore Mustapha, quando la furia dell’oceano sconsiglia di prendere il largo, ha due alternative pronte. Guida turistica alle grotte oppure fisioterapista, arte imparata da suo nonno che gli ha insegnato come trattare le articolazioni doloranti con l’olio di Argan, la panacea marocchina per eccellenza, tratto dalle noccioline dell’albero dell’argania ottimo sulle insalate, emolliente sulla pelle e, a quanto pare, disinfiammante per i reumatismi.
Una volta alla settimana, di sabato, è giorno di mercato. Carretti e somari non danno la precedenza neanche a chi viene da destra. Prima il pesce, le granseole come grandi ragni rossi, cernie gigantesche e montagne di cozze. A giudicare dal tappeto di squame e interiora su cui si cammina lo vendono già pulito. Segue l’artigianato: oggetti in tadelakt la tecnica a calce con cui i marocchini ricoprono tutto dalle pareti ai vasi, sgabelli e mobiletti in legno lavorati a moucharabieh, sciscia, termine turco che significa bottiglia, con cui i marocchini chiamano il narghilè, da caricare con un tabacco profumato alla mela. Poi di tutto, distese di cipolle, angurie e fichi d’india, alternati a djallabah, babbucce, ciabatte di plastica spaiate e cellulari di seconda mano. Ma soprattutto i volti degli uomini, principali frequentatori di questo mondo che altrove è tipicamente femminile, mentre parlano bevendo kefir, il latte acido. La gestualità si fa più stretta man mano che il discorso si fa più confidenziale: qui gli uomini parlano con le mani. Qua e là incantatori di serpenti, cantastorie e venditori d’acqua. Da non perdere
LA CERAMICA DI SAFI
La ceramica è una delle forme d’arte più antiche del Marocco. Nata come arte povera per uso domestico, per realizzare oggetti di uso quotidiano (piatti, vasellame, ecc.), ha sviluppato stili diversi che si distinguono per la decorazione.
Con il nome “ceramica” si indicano sia le terraglie, terracotta di produzione rurale, sia la maiolica di fabbricazione cittadina. La terracotta domestica, fatta dalle donne, viene lavorata “a colombino” e cotta sotto il fuoco. Questa è una delle tecniche più antiche che si conoscano e consiste nello stendere col mattarello una lastra di argilla da cui poi si ritaglia la forma di base. Poi si fanno i “colombini” cioè dei salamini tirati con le mani (come quando si fanno gli gnocchi) che vengono attaccati sulla base ritagliata, dando la forma (cilindrica, bombata, ecc) all’oggetto che si vuole realizzare. Quindi si liscia la superficie della creta rendendola omogenea. Dopo qualche giorno di essicazione a temperatura ambiente, l’oggetto va cotto in un forno a 1.000 °C, per ottenere il cosiddetto “biscotto” che può eventualmente essere decorato (in questo caso necessita di una seconda cottura che lo impermeabilizza e lo rende adatto per alimenti).
La maiolica, invece, viene fabbricata dagli uomini per uso commerciale. Viene lavorata al tornio, cotta in forno e quindi decorata in smalto e poi vetrificata con una seconda cottura. Le forme e i decori sono definiti da regole rigide che comprendono elementi specifici, ma vari.
Quella di Fès è riconoscibile per i disegni blu, ma anche gialli e verdi, su uno sfondo bianco. Meknès è nota per le maioliche verdi-lucide. Ma la vera capitale della ceramica è Safi, dove predominano l’ornamento floreale e i colori brillanti. Qui questa lavorazione fu introdotta nel 1875 da un vasaio di Fez. Un po’ ovunque nei mercati si trovano poi le ceramiche berbere, che sono più semplici e dall’aspetto rustico, generalmente grezze o al massimo colorate (e non smaltate) e hanno disegni geometrici.
IL VIAGGIO IN TAVOLA
La cucina a Oualidia è semplice, come il pesce appena pescato richiede. Gli appassionati del crudo e dei crostacei sono nel loro paradiso, perché a prezzi assolutamente abbordabili, possono togliersi la voglia di ostriche, scampi e gamberi “trattati” solo con una goccia di limone; di aragoste, astici e fantastiche granseole (araignée) bolliti e alla griglia.
Da non perdere la soup de poisson che qui è alla francese, con il pesce passato in un brodo denso e saporito in cui immergere i crostoni di pane croccante spalmati di salsa aioli e rouille e coperti da formaggio grouyère filante.
Come nel resto del Marocco, anche qui il piatto tradizionale è il tajine. Con questo termine si definisce sia il contenitore (pentola di terracotta con il coperchio a cono rovesciato) sia il contenuto (uno stufato). Per quanto riguarda quest’ultimo, varia molto da zona a zona e secondo l’estro della cuoca, perché nel tajine si cuoce veramente di tutto, dal pollo alle uova, dal pesce, al montone. In zona di mare, ovviamente, è d’obbligo quello di pesce. E’ sempre accompagnato da molte verdure e a volte da frutta secca o fresca. Esistono poi ricette salate e altre dolci. Vale quindi la pena di comprare un libro di ricette di tajine.
Per quanto riguarda il contenitore, in pratica fa la funzione di un fornetto di terracotta, cedendo uniformemente il calore al cibo, che si cuoce naturalmente nei suoi umori, risultando particolarmente saporito. Acquistarne uno è un’ottima idea, sia per un regalo originale, sia per gli appassionati di cucina. Ci sono tajine con bellissime decorazione, ma se si domanda che cosa comprano i marocchini per avere un buono strumento in cucina, un vasaio onesto indicherà quelli di terracotta grezza, a poco prezzo. Quelli decorati fungono da piatti di portata, di sicuro effetto.
Street Food da non perdere: Le brochettes, piccoli spiedini di carne di montone e di pollo che cuociono sulle griglie a carbone, a volte piuttosto improvvisate. La piccola pasticceria, fra cui le buonissime “cornes de gazelle”. Le frittelle marocchine: le Beghrir: un po’ spugnose, cosparse di miele o marmellata. Le Msemmen, tra la pastasfoglia e la crepe. La harira, la zuppa di lenticchie ammazzafame del periodo del Ramadan che si mangia con datteri freschi e chabakkia, biscottini di mandorle e miele. Le lumache cotte nel brodo (speziato) da mangiare con un lungo stecchino. La testa d’agnello al forno, un po’ “hard” come presentazione, ma con una carne che si scioglie in bocca. Vale la pena bere una spremuta di agrumi di un baracchino: arance e pompelmi sono straordinari e almeno una volta il tè alla menta, versato con il classico ampio gesto che crea la schiuma nei bicchierini beldì, con un anello che li ingrossa a due terzi della lunghezza per facilitare la presa.
L’ALLEVAMENTO DI OSTRICHE
Considerata una vera ghiottoneria fin dai tempi dei Romani (ne scrissero Giovenale, Orazio e Petronio), l’ostrica a Oualidia, è di forma concava e con la valva allungata, classica di una razza giapponese di recente introduzione in Atlantico e Mediterraneo perché più robusta, nota come “ostrica del Pacifico” (Crassostrea gigas Thunberg, 1793). In questa laguna la riproduzione delle ostriche avviene attraverso seme reperito sui banchi naturali nei pressi degli allevamenti e le giovani ostriche vengono poste a dimora lungo appositi fili su cui si aggrappano. Durante la crescita vengono periodicamente selezionate, per migliorare il loro habitat. I sistemi utilizzati per l’allevamento delle ostriche sono analoghi a quelli impiegati nella mitilicoltura, tanto che sui medesimi impianti vengono talvolta allevate entrambe le specie, quindi nei ristornati della zona anche le cozze sono freschissime.
Questa specie di ostriche ha carni gustose, che generalmente vengono consumate crude. Nonostante la fama un po’ godereccia di questa conchiglia, si tratta di un prodotto equilibrato dal punto di vista nutrizionale. Se non sono certo confermate le sue proprietà afrodisiache, è invece sicuro che 100 grammi di parte edibile contengono 0.9 g di grassi, 10.8 g di proteine, un notevole contenuto di sali minerali fra cui Calcio, Ferro, Fosforo e Potassio e diverse vitamine: B1, B2 e C in tracce. Da queste parti orgogliosamente affermano che siano le migliori del mondo e sicuramente l’acqua bassa e piuttosto fredda e le forti correnti contribuiscono alla loro qualità. Quindi vanno assolutamente provate (La Maison de l’Ostrea II è un vivaio di ostriche visitabile, per vedere come funziona questo allevamento e per degustarle, insieme ad altri frutti di mare, nell’adiacente ristorante a circa 200 – 250 Dh vino incluso. Tel 0523 366324).
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