Vi ricordate i Cavalieri della Cucina Italiana, che a Identità Golose sancirono la loro unione davanti ad una spaghettata estemporanea? Eccoli di nuovo ospiti d’onore a Firenze nell’ambito di Taste, il salone dedicato alle eccellenze del gusto e del lifestyle. Presenti sul palco a nome di tutti Massimiliano Alajmo, Giancarlo Perbellini, Gennaro Esposito, Heinz Beck, Moreno Cedroni e Ciccio Sultano sono stati chiamati a dire la loro su un argomento caro agli italiani, la qualità del pane, in un dibattito intitolato “Pane al pane”.
Grandi consumatori di questo alimento, negli ultimi anni abbiamo assistito a un netto peggioramento qualitativo: dal pane casareccio e fragrante di una volta, che manteneva la sua freschezza anche dopo giorni, si è progressivamente passati a pani molto conditi, mal lievitati e poco digeribili, che a fine giornata diventano immangiabili.
Per i comuni mortali trovare qualcuno che panifichi veramente bene è peggio che trovare l’Araba Fenice. I ristoratori, quelli coscienziosi, non trovando un forno in grado di produrre del pane soddisfacente, hanno aggirato l’ostacolo facendoselo in casa.
E per dare “pane al pane”, i Cavalieri ne hanno preparato uno con lievito madre a base di farine provenienti da tutta Italia. Come con gli spaghetti a Identità, ogni chef l’ha poi farcito con ingredienti e sapori tipici della sua cucina, confermando che la forza del nostro Paese – anche gastronomica – è la convivenza delle diversità.
Massimiliano Alajmo con la sua bruschetta al baccalà mantecato, scampi crudi e profumo di aneto e polvere di nigella, ha voluto rimarcare in concetto di territorialità, così come Heinz Beck, di origine tedesca ma “rinato” a Roma, afferma che già all’epoca dei romani si utilizzavano ben 10-15 tipi diversi di pane. Moreno Cedroni, chef della Madonnina del Pescatore, convertitosi da tempo al lievito madre, si sofferma sulla questione spinosa delle intolleranze al glutine, in aumento negli ultimi anni. Lo chef campano Gennaro Esposito, per inquadrare il complesso mondo dei forni, cotture e lieviti, viene coadiuvato dal suo sous-chef Salvatore La Ragione, che segue la produzione dei lievitati nel suo ristorante. Ogni città ha il suo pane: a Napoli ad esempio ogni quartiere aveva le proprie farine e soprattutto il proprio forno, che a seconda degli spazi a disposizione in superficie e altezza, produceva pani con forme e sapori completamente differenti. Giancarlo Perbellini, chef veneto che alle spalle ha una dinastia di pasticceri, si sveglia col pensiero che la biga sia stata rinfrescata (pasta inacidita che si aggiunge all’impasto del pane) . Secondo Ciccio Sultano, del ristorante Duomo di Ragusa, mangiare il pane significa mangiare in dialetto e parlare le lingue di tutte le famiglie. Chi prepara il pane ha un legame fisico con questo alimento, quasi come si prendesse cura di una persona. A chiudere Michele Rocchi, sous chef di Mauro Uliassi che conferma la necessità di molti ristoratori di prodursi il proprio pane a causa della mancanza di forni giusti.
Elena
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