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UNA CENA CHE VALE UN BROCCOLO (FIOLARO)

Non per sfiducia, ma dalle cene di lavoro non mi aspetto mai niente di rilevante. Quindi quando ieri sera, dopo un convegno a Vicenza sono andata a mangiare alle scuderie della Rotonda del Palladio, di rilevante c’era sicuramente la location e la precedente visita a Villa Almerico Capra di sera, con i lumini accesi nel buio e l’aperitivo sulla scalinata della villa, indimenticabile.

Invece ho scoperto un prodotto che non conoscevo e che mi è stato servito col risotto: il broccolo fiolaro di Creazzo.
Gode di un celebre estimatore, Goethe, che durante la tappa vicentina del suo viaggio in Italia, rimase deliziato dall’immagine delle contadine chine sotto il “bigolo”, il bastone con le due ceste appese, che fa molto Arcadia, un must dell’epoca fra gli intellettuali europei. È il 23 settembre del 1786 e Goethe, fra tanti schizzi di architetture e monumenti palladiani, fa un disegno di una contadina che torna dal mercato di piazza delle Erbe.
Non ci sono prove, naturalmente, che quelle ceste di ortaggi immortalate contenessero del broccolo fiolaro di Creazzo, ma è bello crederlo. Comunque nell’800 la produzione di broccolo fiolaro era di 150 mila cespi all’anno: decisamente un prodotto conosciuto e rinomato in tutta la provincia.

Più recentemente il bigolo fu sostituito dalle saccàre, ossia delle collane fatte con i rami di salice nei quali le donne intrecciavano la parte dura del broccolo, preferite dai contadini alle più moderne cassette: stranamente i broccoli di Creazzo, non saranno mai venduti in cassetta. Le collane, indossate a tre o quattro venivano portate al mercato in bici
Ancora più recentemente il benessere diffuso fece tramontare i prodotti contadini sulla tavola e iniziare l’epoca della bistecca, per cui il broccolo diventò demodé.
Solo molto recentemente, per motivi salutistici, i broccoli, compreso quello fiolaro, tornarono in auge per le proprietà anti-cancro: la Johns Hopkins University (fra le più autorevoli del mondo in campo medico) nel 1992 individuò nel sulforafane, proteina dello zolfo presente soprattutto nei broccoli, una forte risorsa per combattere i tumori. Qualche anno dopo, gli stessi ricercatori hanno annunciato che nei “germogli di tre giorni” del broccolo è presente una concentrazione da 30 a 50 volte più elevata di questo componente. www.jhu.edu.  Quindi improvvisamente “el magnar dei poareti” assurge a una dignità e modernità insperate, e con ciò si reinventano ottime ricette.
D’altro canto la collina di Creazzo dove si coltiva il broccolo fiolaro, vanta 4.000 prodotti biodiversi esistenti grazie al terreno limoso-sabbioso e calcareo, le quali offrono un giusto equilibrio di sostanze azotate e organiche per far crescere il celebre broccolo e gode di un clima particolarmente mite e una buona esposizione al sole.
Ma perché si chiama fiolaro? Per la presenza di germogli (fioi, appunto in dialetto) che sono inseriti lungo il fusto della pianta e all’ascella delle foglie. I fioi e le foglie più giovani sono quelle che poi finiscono in tegame.
“Broccolo” poi ( a proposito, si dice broccolo anche in inglese) deriva dal latino “broccus”, che vuol dire “dai denti sporgenti”, come i brocchi, cioè i vecchi cavalli o i germogli (che, appunto, sporgono dalla pianta) dell’ortaggio.
Facendo della classificazione scientifica, appartiene alla famiglia delle Crucifere, e alla specie della Brassica oleracea, di cui è una sottospecie come il cavolfiore, i cavoletti di Bruxelles, il cappuccio, la verza, che sono tutti suoi “cugini” (in famiglia sono in centinaio).

Come sovente in Italia anche il broccolo fiolaro dal 2000 ha l’onore di una sua sagra:  durante la manifestazione Ristoratori locali e  Signore del paese propongono i piatti di un tempo tra assaggi e degustazioni, dall’antipasto al risotto, dalla pizza alla torta salata, fino al pane.

Piccolo cruccio: difficile trovarlo fuori provincia

Elena

3 Comments

  1. lina Reply
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  3. Pingback: UNA NUOVA RICETTA CON I BRUSCANDOLI | Enogastronomia Blog

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