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LA SELVAGGINA DELLE FESTE

So di creare polemiche e di dire cose impopolari, ma a me piace la cacciagione. Forse perché mio padre andava a caccia e quando tornava con allodole, pernici e lepri, per me bambina era una festa, non abbinavo assolutamente con le funeste immagini dei super-ecologisti di maltrattamenti degli animali o morte. Tengo a precisare che portava un po’ di cacciagione, non faceva stragi e non andava neanche in riserva.

Comunque la caccia è un’attività umana ancestrale e se fatta con intelligenza e rispetto della natura non credo che arrechi danno a nessuno. Forse alla vittima si, ma si tratta pur sempre di un animale che ha fatto la sua vita libera nel suo habitat, sicuramente più auspicabile di quella di uno sciagurato pollo di batteria. Ci sono poi gli abbattimenti programmati, che tendono a mantenere gli ecosistemi.

Certo si è che purtroppo i cretini ci sono dappertutto ed un cretino con un fucile da caccia è sicuramente più dannoso di un cretino disarmato.

Tutta sta manfrina per dire che non disdegno affatto di cucinare la selvaggina e che forse la mia amica che non mangia carne pensando a batterie e allevamenti intensivi, ma mangia pesce e  carni provenienti da allevamenti biologici, forse non rifiuterebbe i miei germani reali.

Dopo una felice vita da anatra nella laguna di Venezia, i miei pennuti sono stati abbattuti dal solito cacciatore che tutti gli anni arriva sotto Natale a vendermeli.

Si tratta dei progenitori delle anatre domestiche, germani reali, capoverde o “mazarin” in veneto “anas platyrhyncos” per i dotti, diffusissimi, 9 milioni solo in Europa occidentale, molto carini da vivi, molto gustosi in pentola (basta avere pazienza che cuociano).

Quest’anno l’ho preparato così (sto aspettando adesso che finisca di cuocere).

3 germani spiumati e frollati per 4 giorni.

Recupero fegato cuore e durone che salto nel burro con cipolla, alloro, ginepro e chiodi di garofano, sale e pepe e sfumo con un goccio di Bitter Campari. Frullo grossolanamente le rigaglie con prosciutto crudo aggiungo aglio e cipolla tritata, 4 fette di pane carré ammorbidite nel latte, un uovo intero, un tartufo nero sminuzzato e questa sarà la farcia.

Due giorni prima metto a marinare gli uccelli puliti in un lt di vino rosso corposo (es. pinot nero, barbera), un trito di sedano carota cipolla, alloro, ginepro e chiodi di garofano.

Al momento della cottura pulisco gli uccelli dalla verdura, li farcisco richiudendo con ago e filo, e li metto a rosolare in olio da tutte le parti eliminando il grasso di cottura. Metto poi a stufare coperti dalla loro marinata. La cottura deve procedere molto lentamente, avendo cura di rigirali più volte. Qualora il sugo diventi ancora troppo grasso, scolarlo, conservando verdure e spezie di cottura, poi passarlo più volte in un colino foderato di cotone idrofilo, quindi rimettere in pentola con le verdure scolate.

Quando gli animali “buttano fuori le ossa” sono pronti (circa 4 ore). Il sugo deve risultare denso. Se è troppo lungo togliete i germani e tirarlo con una noce di beurre manié (burro e farina mescolati) e terminate mettendo un paio di tartufi neri a fettine sottili.

Il contorno a vostro gradimento: patate arrosto, puré, polenta, o cavolo rosso stufato con cipolla e mela.

Se non vi rimorde troppo la coscienza animalista, provate!

Elena

3 Comments

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