Tempo di tartufi, brume di novembre, clima ideale per una bella gita nelle Langhe e nel Roero, zone di eccellenza gastronomica e vinicola. La cucina piemontese è a mio parere (e senza nessuna pulsione campanilista…) una delle migliori cucine regionali italiane (quindi del mondo). E allora mi affido ad amici locali e mi faccio condurre.
Priocca è già in provincia di Cuneo, al limitare del Roero, circondato dalle colline dei vigneti della Barbera e del Nebbiolo. Vicino alla Piazza principale c’è il ristorante “Il Centro”.
Vecchia casa piemontese, sopra una bella cantina, tre sale, la prima molto accogliente con un bel camino. L’atmosfera è quella classica dei ristoranti di questa zona: ti sembra di entrare nella sala da pranzo di una casa privata, con la credenza e i tappeti in terra. Adoro questa atmosfera che mi suscita i ricordi dei miei parenti piemontesi. Le tavole sono grandi e curate. Il proprietario Enrico Cordero, propone il menù (perché no? È un po’ che non vengo in Piemonte quindi faccio fare a lui volentieri).
Benvenuto con una crema di zucca e gorgonzola, buona, poi partono gli antipasti: peperoni ripieni di tonno con vinaigrette di acciughe e capperi, forse un po’ freddi, ma sapidi, ben presentati e ottima la vinaigrette. Proseguiamo con un cosciotto di maialino cotto nella carta da panettiere, affettato così sottile che sembrano petali rosa servito con frutta e verdura in un interessante accostamento dolce-salato, non nuovo nel maiale, ma in questo caso molto fresco. In ultimo il sapore deciso di una fonduta di parmigiano, servita con un cardo scottato e una doverosa “grattata” di tartufo.
Passiamo ai primi. Per non sbagliare la scelta ho provato degli agnolotti al raschera, notevoli, sia per la sfoglia perfetta nello spessore e nella quantità d’uovo. Gli agnolotti ripieni di porcini con i pomodorini e la burrata, unica incursione fuori dal Piemonte, piacevoli, e dulcis in fundo i tajarin al burro, con “grattata” di tartufo, un classico, ma intramontabile.
Io mi sarei dichiarata soddisfatta così ma su insistenza del patron ho assaggiato il guanciale di maiale caramellato con fichi e purè, ottimo, seconda declinazione dolce del maiale della cena, questa volta in un piatto decisamente robusto. Meno male che ho fatto quest’ultimo sforzo.
Per chiudere, tralasciamo allettanti dessert tipicamente piemontesi come il tortino di nocciole al ganduja e la panna cotta per un più fresco gelato, ma sempre tipicamente di nocciola con una granella di nocciole croccanti sopra. Il tutto accompagnato un un Barbaresco del 2000 Rabajà (esposizione sud-ovest del vigneto), dal profumo intenso, minerale ma ancora con note verdi, fresche.
Considerazione: nel tempo la cucina piemontese si è evoluta da classicamente regionale a presentazioni più moderne e raffinate, a rivisitazioni che sfociano nella novità del piatto. Però senza perdere minimamente i suoi sapori caratteristici e i suoi fantastici prodotti tipici.
Elena
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